Istituto del Sacro Cuore di Collecchio

L’istituto del Sacro Cuore di Collecchio fu eretto a partire dal 1900 per provvedere all’istruzione e all’educazione delle adolescenti. L’edifico fu progettato dall’ing. Carlo Pelleri.
L’inaugurazione avvenne nel 1902 con un la partecipazione di numerose bambine. Nell’oratorio, oltre alle attività di svago e di preghiera, si imparava il ricamo ed il cucito. Successivamente furono aperte le classi di 4a e 5a elementare che non erano ancora presenti nella scuola comunale del paese.

Nel 1904 fu costruito un teatrino di stile Liberty dedicato a rappresentazioni teatrali e serate di festa e musica aperte al pubblico.

Molto importanti, nel processo di emancipa­zione femminile, risultarono il laboratorio di cucito e ricamo e l’attività filodrammatica.

Nel 1908 fu inaugurata la chiesa del Sacro Cuore eretta alla sinistra del primo fabbricato.

All’entrata in guerra dell’Italia, nel primo conflitto mondiale, presso il col­legio venne istituito un asilo per i figli dei richiamati alle armi onde permettere alle mogli dei combattenti di lavorare; l’asilo venne gestito dalle stesse suore Orsoline.

Successivamente il collegio venne requisito dalle autorità militari per installarvi un ospedale militare per la degenza e la convalescenza dei malati di malaria. Dopo le proteste della madri per la chiusura dell’asilo, quest’ultimo e l’oratorio furono spostati nell’edificio scolastico in paese.
Nell’estate del 1918 scoppiò l’epidemia influenzale detta “spagnola”. L’ospedale militare accolse 250 soldati ammalati che contribuirono a dif­fondere il morbo anche in paese. Tra l’agosto di quell”anno  e i primi mesi del 1919 morirono 16 militari e 83 abitanti del Comune.

Alla fine del 1918 l’Ospedale militare e l’asilo per i figli dei richiamati furono chiusi cosicché le Orsoline poterono rientrare al Sacro Cuore e le scolaresche nell’edificio in paese.

Nel primo dopoguerra fu creata, su iniziativa della madre superiore del collegio, la “Cooperativa dell’ago” che arrivò a contare 30 lavoratrici e una ventina di apprendiste e che rimase in attività fino agli anni Cinquanta.

Nel 1930, stante la politica del Partito Nazionale che sottrasse tutti i giovani a qualsiasi tipo di aggregazione festiva o post­scolastica, il collegio venne requisito alle suore Orsoline e trasformato inizialmente in un convitto maschile e femminile e in seguito solo femminile denominato “Isti­tuto Infanzia abbandonata”. Gli ospiti sono tutti orfani o figli di coppie in difficile situazione economica o anche residenti in zone montane disagiate dove risulta problematico frequentare le scuole.

Tra il 1943 e il 1945 le scuole ven­gono trasferite nel collegio del Sacro Cuore poiché l’edificio sco­lastico del paese che le ospitava era occupato dalle truppe italo-tedesche.

Durante il pesante bombardamento alleato del 7 luglio 1944, l’immobile, anche se non colpito in modo diretto, rimase comunque pesantemente danneggiato diventando parzialmente inagibile.

Nel dopoguerra l’Istituto riprese la sua attività. Le alunne ospitate erano accompa­gnate ogni mattina alle scuole elementari e medie del paese. In accordo con la parrocchia e con le associazioni giovanili cattoliche, il teatri­no venne spesso utilizzato per incontri e feste tradizionali.

Dopo il 1960 si tentò di mantenere in vita l’Istituto eliminando la denominazione ormai incongrua di “Infanzia abbandonata”, ma con scarsi risultati; la chiusura avvenne nel 1979 con il richiamo a Piacenza delle suore rimaste.

Nel 2009 iniziarono i lavori di radicale ristrutturazione dei fabbricati ed attualmente al posto dell’Istituto sono sorti degli edifici residenziali. L’oratorio è stato ristrutturato in attesa di una sua destinazione.

Le informazioni storiche sono state ricavate dal libro “L’Istituto del Sacro Cuore a Collecchio” recensito qui

 

Galleria Fotografica

Orfanotrofio della Marcigliana

Alle porte di Roma, poco fuori il grande raccordo anulare, ci si imbatte in un vecchio e suggestivo edificio in abbandono. E’ un luogo piuttosto popolare per chiunque si interessi di abbandoni e viene spesso utilizzato come set fotografico o arena per giocatori di soft-air.

Cercando notizie in rete viene quasi sempre accreditato come “ex-manicomio”, ma non lo è mai stato, con buona pace dei cacciatori di fantasmi che entrano tra queste rovine con improbabili amperometri e antenne varie cercando di cogliere le “presenze” inquiete di spiriti folli.

Nei primi anni del ‘900 i Padri Giuseppini gestivano, in questa zona, la Colonia Agricola Romana della Bufalotta, su terreni da poco bonificati di proprietà del Pio Istituto della Santissima Annunziata di Roma. Si trattava di una grande scuola professionale agricola, destinata agli orfani di guerra e ai bambini abbandonati della provincia. Qui potevano imparare una professione e poi esercitarla nell’Azienda Famiglia, una sorta di cooperativa ante litteram.

All’interno della tenuta, nel 1933, venne costruito un orfanotrofio femminile, il cui fondatore è il Senatore Carlo Scotti (1863-1940) e sembra proprio che sia questo il nostro edificio abbandonato. Tutt’oggi la breve strada che porta all’edificio è intitolata alla santa Bartolomea Capitano che si era distinta per le opere assistenziali alle giovani.

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da Google maps

Nell’archivio dell’Istituto Luce è presente un cinegiornale del 1934 dove si vede chiaramente l’edificio durante una visita del Capo del Governo.

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Cinegiornale 1934

Su un quotidiano locale di Roma (La voce del municipio) è presente un’intervista alla Sig.ra Bruna che ricorda la sua infanzia trascorsa tra le mura di questo orfanotrofio

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Articolo su La voce del municipio

Negli ultimi anni di vita cambiò destinazione passando da orfanotrofio a istituto geriatrico.

L’edifico venne utilizzato anche come location di alcuni film.

Ne “I nuovi mostri” (di Risi, Monicelli e Scola, 1977), nell’episodio “Come una regina”, Alberto Sordi abbandona l’anziana madre in un ospizio. L’ospizio è il nostro edificio

I nuovi mostri

Scena dal film “I nuovi mostri”

Ancora qui venne girata una scena del film “La banda del gobbo” (di Umberto Lenzi, 1977). In questo caso una finta insegna lo classifica come “Ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà” (che è in realtà il vero ex-manicomio di Roma ma che si trova in tutt’altra zona) dove viene internato il protagonista Tomas Milian.

La banda del gobbo

Scena del film “La banda del gobbo”


Galleria fotografica


Riferimenti in rete