Manifattura Tabacchi Firenze

Lo stabilimento della Manifattura Tabacchi, situato nei pressi del parco delle Cascine a Firenze, viene costruito in sostituzione dei vecchi impianti collocati presso l’ex convento di Sant’Orsola e della chiesa sconsacrata di San Pancrazio.

Realizzato tra il 1933 e il 1940, ad opera di Pier Luigi Nervi e Giovanni Bartoli, lo stabilimento si estende su di una superficie di 6 ettari, comprende 16 edifici per un totale di 100.000 metri quadrati.

Il complesso è caratterizzato da una serie di edifici a planimetria e volumetria compatte, connotati da un inconfondibile stile razionalista. Il corpo della palazzini uffici e direzione è rivestito completamente in travertino.

Sull’entrata principale fanno bella mostra di sé dei bassorilievi raffiguranti la lavorazione del tabacco, opera di Francesco Coccia.

Faceva parte dello stabilimento anche il teatro Puccini, opera pregevole che ricorda l’architettura dello stadio fiorentino, progettato dallo stesso Nervi. Il teatro, nato come dopolavoro, è attualmente in uso per vari tipi di spettacoli.

All’epoca dell’edificazione nell’impianto operavano oltre 1.400 addetti, distribuiti a seconda dei ruoli nelle tre principali aree; il complesso comprendeva, tra gli altri spazi, anche le sale di maternità per le maestranze femminili.

La fabbrica  era servita direttamente dalla rete ferroviaria che, dalla stazione Leopolda, arrivava  fin dentro lo stabilimento.

Nella Manifattura Tabacchi di Firenze sono nate le famose sigarette MS, acronimo di Messis Summa (in latino “miglior raccolto”) che ricordava anche Monopoli di Stato e, nella cultura popolare, ironicamente, “Morte Sicura”.

MS

Oltre a queste note sigarette venivano prodotti i famosi sigari Toscani la cui storia è legata ad un aneddoto: sembra che nel 1815, quando la sede della Manifattura Tabacchi era presso l’ex convento di Santa Caterina, un improvviso acquazzone bagnò i barili di tabacco stoccati nel cortile. Tutta questa materia prima, diventata maleodorante, doveva essere destinata alla distruzione. Per limitare il danno economico, fu deciso di fare un prodotto di scarto dal basso costo, destinato al popolo. Nasce così il sigaro toscano, dalla forma sgraziata ma dal sapore particolare dovuto alla fermentazione. Ottiene talmente successo da diventare uno dei prodotti di punta della Manifattura Tabacchi di Firenze.

Lo stabilimento è rimasto in funzione fino a tempi recenti, chiudendo definitivamente la produzione nel 2001.

Ad oggi l’area è stata acquistata da una società privata e viene affittata per eventi. Non si esclude una riqualificazione a scopo abitativo.


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Società Anonima Lanificio Calamai

Lanificio Calamai

La fabbrica si trova a Prato, nel quartiere di San Paolo, oggi immersa in altre realtà industriali ed edifici civili. Delle due ciminiere, rimane il mozzicone di una, l’altra è stata abbattuta.  Di seguito la storia della fabbrica e del suo fondatore.

Qui sotto il confronto tra la foto satellitare attuale e una veduta storica dello stabilimento. Si vedono i vari cambiamenti subiti, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale. Inoltre, si nota, come sia stata inglobata nel tessuto urbano odierno.       

Brunetto Calamai, nato a Prato il 5 aprile del 1863 da Giosuè e da Luisa Bini, comincia a lavorare giovanissimo nell’industria laniera. Interrotti gli studi a tredici anni per motivi di salute, nel 1878, appena quindicenne, inizia l’attività industriale con la lavorazione della lana meccanica, introdotta nell’industria pratese fra il 1850-51, e divenuta in breve tempo una produzione caratteristica della zona. Questa prima fase dell’attività del Calamai si svolse in un piccolo stabilimento con appena dieci operai: “La Polveriera” di proprietà dei conti Bardi, in località San Quirico di Vernio.

Solo sei anni più tardi l’impresa subisce una prima trasformazione con il trasferimento della lavorazione a Prato, nel lanificio “Le Vedove”, dove viene installata una piccola filatura per la lana greggia che consente di realizzare l’intero ciclo produttivo. Negli anni immediatamente successivi all’introduzione della tariffa doganale del 1887 il Calamai compie un altro passo nell’ampliamento della sua impresa. Nel 1891, infatti, acquistato un vecchio mulino già adibito alla lavorazione della canapa – “Il Maceratorio”, con un impianto di circa 2.000 mq – lo trasforma in lanificio e ne amplia le strutture giungendo ad impiegare 150 operai.

Nello stesso anno importa ed installa nello stabilimento il selfacting, il primo filatoio interamente automatico impiegato dall’industria laniera di Prato. Il ciclo completo di lavorazione di tutti i tessuti, comprendente carbonisaggio e sfilacciatura, cardatura, filatura, tessitura, follatura, tintura e rifinizione, venne raggiunto fra il 1905 ed il 1922 con un costante ammodernamento degli impianti e delle strutture produttive ed il progressivo aumento di manodopera, che raggiunge le 500 unità.

Convinto che i particolari metodi di produzione dell’industria laniera di Prato debbano essere protetti con criteri e sistemi più diretti e specifici di quelli adottati dall’Associazione dell’Indutria laniera italiana, nel 1897 fonda insieme ad altri noti industriali del ramo, quali Raimondo Targetti ed Alceste Cangioli, l’Associazione dell’arte della lana di Prato, seguita a breve distanza di tempo dall’istituzione di una Scuola pratica di commercio. All’Associazione fu inoltre attribuito fin dalla fondazione il compito di dirimere le eventuali controversie sindacali; funzione che ebbe occasione di espletare per la prima volta nel 1900.

Le fasi della costruzione di alcuni capannoni

Il Calamai è tra i primi industriali di Prato a trattare con il mercato estero e il primo, nel 1902, ad occuparsi dei problemi connessi all’esportazione; problemi che ritiene possano essere opportunamente risolti con la costituzione di un sindacato per la vendita del prodotto locale. Il livello produttivo raggiunto gli vale riconoscimenti in campo nazionale ed internazionale: nel 1911 riceve il Grand Prix all’Esposizione internazionale di Torino; nel 1918 la medaglia d’oro all’Esposizione dell’industria toscana tenuta a Firenze; nel 1925 la medaglia d’oro della città di Firenze e il Grand Prix del comitato all’Esposizione internazionale di Firenze.

Si interessa ai problemi sociali e dell’istruzione popolare, istituendo nel suo lanificio una scuola per l’istruzione elementare degli operai e dei loro figli. Sostiene la funzione primaria dell’istruzione tecnica – che ritiene fondamentale per una città a sviluppo prevalentemente industriale – occupandosi del locale istituto tecnico e dell’istituto commerciale Nicastro. Ricopre per circa quaranta anni la carica di consigliere dell’istituto industriale T. Buzzi. Nel 1907 si fa promotore di una società cooperativa per la costruzione di case per gli impiegati e gli operai del suo stabilimento (progetto che venne realizzato pienamente nel 1937), e fonda una società di mutuo soccorso e di assistenza civile per gli operai. Crea inoltre nella sua fabbrica il primo gruppo aziendale dopolavoristico pratese. Durante il conflitto 1915-1918 il lanificio viene mobilitato, e il Calamai fa parte del Comitato di mobilitazione industriale istituito nel capoluogo toscano. Cavaliere del lavoro fin dal 1910, nel 1923 possiede la tessera ad honorem del partito fascista. Ad essa seguì, nel 1935, la nomina a commendatore della Corona d’Italia. Fra le cariche ricoperte c’è quella di consigliere della Camera di commercio – che mantiene per circa trent’anni – e quella di rappresentante del Consiglio provinciale fascista dell’economia. Inoltre, fin dalla più giovane età, è consigliere ed assessore del comune di Prato, consigliere e quindi presidente della deputazione ospitaliera, consigliere della Cassa di Risparmio, del Monte di Pietà, della R. scuola Pacinotti di Pistoia. Muore a Prato l’11 febbraio 1936.

Nel 1922, infine, la ditta – che aveva fino ad allora portato il nome del suo fondatore – viene trasformata in “Società anonima Lanificio Calamai”, di cui il Calamai resta presidente fino alla morte. Nomina come amministratore suo figlio Corradino. Nel 1927 la fabbrica occupa 28.000 metri quadrati dei quali 22.500 coperti. Nel 1930 si rende necessario un nuovo ampliamento per realizzare una tintoria e un nuovo magazzino. L’intervento è progettato da Pier Luigi Nervi che realizza una copertura con capriate rialzate in cemento armato su pilastri, tenendo le travi molto distanti tra loro e realizzando così una copertura molto leggera.

La tintoria, nello spazio progettato da Nervi

La tintoria, nello spazio progettato da Nervi

Nei link il riferimento dell’associazione “Tuscan Art Industry”: Il progetto dell’associazione SC17 nasce nel corso dell’anno 2015 e si presenta come un laboratorio di ricerca che coinvolge artisti, curatori, fotografi, musicisti e performer a lavorare in sinergia all’interno dei siti di archeologia industriale in Toscana. Una importante iniziativa con la quale vengono rivalutati e riscoperti ex ambienti di lavoro, sensibilizzando le amministrazioni e la comunità alla salvaguardia di queste memorie storiche e sociali.


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Riferimenti in rete

Manifattura tabacchi di Bologna

La “vecchia” manifattura

La prima manifattura tabacchi a Bologna venne realizzata ad inizio ‘800 in via Riva di Reno.

Sorgeva accanto al fiume Reno di cui utilizzava l’acqua per i processi produttivi e nacque da un convento di suore domenicane che, con l’annessione di Bologna alla Repubblica Cisalpina del 1799, venne requisito  e trasformato in manifattura tabacchi.

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La manifattura “vecchia” di via Riva di Reno

L’edificio principale, che affacciava sul canale, conserva tuttora la facciata originale frutto della totale riprogettazione del 1906 ad opera dell’architetto Gaetano De Napoli.  Attualmente (2016) il palazzo della manifatttura “vecchia” è sede della Cineteca di Bologna.

La “nuova” manifattura di Pier Luigi Nervi

Nel 1949 l’Amministrazione Monopoli di Stato bandisce un concorso per la realizzazione della nuova manifattura tabacchi che viene vinto da Pier Luigi Nervi. Fu, come di consueto, lo stesso nervi, con la sua azienda, a costruire la manifattura che venne ultimata nel 1952.

La prima parte, che viene ultimata da Nervi nel 1952, è il magazzino tabacchi greggi in balle. Si tratta di un edificio di cinque piani lungo 210 metri costruito utilizzando casseforme in ferro-cemento poste in opera rapidamente e senza bisogno di dover montare e smontare le casse per le colate di cemento.

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Il magazzino tabacchi greggi in balle

E’ invece del 1954 la realizzazione, sempre da parte di Nervi, dei cinque capannoni destinati allo stoccaggio dei tabacchi grezzi in botti. Si tratta di cinque strutture parallele lunghe 117 metri, con tetto a volta in cemento.

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I cinque magazzini tabacchi greggi in botte (in costruzione)

Il terzo edificio di estremo pregio costruito da Nervi per la manifattura di Bologna, è il magazzino del sale che si trova alle spalle dell’edificio principale e venne costruito con la forma di paraboloide.

Completano il complesso la centrale termica e gli uffici sul fronte principale, questi ultimi demoliti completamente.

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Pianta dell’area. Gli edifici evidenziati in giallo sono stati demoliti (2016)

Nel momento di massima espansione presso la manifattura di Bologna arriveranno a lavorare oltre mille persone.

Nel 2003 i Monopoli di Stato italiani vendono tutte le proprie attività alla British American Tobacco che gradualmente dismette tutti i siti produttivi, chiudendo nel 2004 anche la manifattura di Bologna. Da quel momento il complesso viene lasciato in stato di abbandono per anni, diventando anche rifugio di senza tetto e piazza di spaccio.

Nel 2011 la Regione Emilia Romagna bandisce un concorso di progettazione per la riqualificazione ed il recupero funzionale dell’ex manifattura tabacchi per la realizzazione del tecnopolo di Bologna. Nel 2015 iniziano i lavori con la demolizione completa degli uffici fronte strada.

 


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