Officine Romanazzi

Nel 1907 Stefano Romanazzi apre a Putignano, in provincia di Bari, una piccola officina per la costruzione di carrozze. Nel 1912, dopo la morte di Stefano, l’attività, che nel frattempo sta avendo grande successo, viene spostata dal figlio Nicola dalla piccola officina a una sede più grande nel capoluogo, Bari.

La produzione si orienta sulla costruzione delle carrozze per tramvai a cavallo, andando incontro alla forte domanda del periodo. La Romanazzi riesce a superare con forza la crisi della fine del primo ventennio del secolo scorso, arrivando a spostarsi in una sede ancora più grande, sempre a Bari, con ben settanta dipendenti.

Da quel momento, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, la produzione si concentra nel settore degli autoveicoli industriali destinati ai nuovi centri di espansione italiana all’estero.

Alla fine del conflitto, viene ricostruito l’impianto di Bari e una nuova sede viene aperta a Roma. Qui sarà portata la produzione e la direzione con gli uffici ed è l’oggetto delle nostre fotografie in questa scheda.

Una bizzarra vetturetta (l’unica mai creata dalla Romanazzi) costruita carrozzando un telaio e motore di un’Ape Piaggio (1953) – Fonte allcarindex.com

Con le officine di Roma la Romanazzi si colloca in breve tempo tra le prime aziende del proprio settore. La sede romana sorge in quella che, all’epoca, era piena campagna, all’angolo tra via Tiburtina e via di Tor Cervara, a pochi metri di distanza dalla fabbrica della penicillina Leo.

Operai delle Officine Romanazzi, davanti allo stabilimento di Roma, in una foto d’epoca dell’archivio de l’Unità

Nel 1950, dopo la morte di Nicola, i quattro figli si occupano assieme dell’azienda: Stefano ed Aurelio, a Bari e Paolo con Benedetto a Roma.

Il boom economico vede la Romanazzi protagonista delle nuove necessità di trasporto e l’azienda apre nuove sedi in Italia: Cagliari (1958), Napoli (1962), Palermo (1963), Brescia (1964) e Torino (1967).

Agli inizi degli anni ’70 inizia quella che sarà una lunga e proficua collaborazione con il gruppo FIAT (successivamente IVECO) che porterà la Romanazzi ad aprire sedi anche all’estero, nei paesi in cui l’export della casa torinese è più forte (principalmente Francia e Germania).

La produzione principale riguarda semi/rimorchi, ribaltabili, cassoni in lega, assi aggiunti che vengono distribuiti, oltre che sul territorio nazionale, anche in Europa, nei paesi del Nord Africa, Medio ed Estremo Oriente. L’innovazione tecnologica consente lo sviluppo di una nuova linea di produzione per i cassoni fissi, interamente realizzati in acciaio inox con sponde in lega.

Personaggio di spicco nella storia dell’azienda nei suoi anni di maggior splendore è stato Paolo Romanazzi. Imprenditore “all’antica”, vuole la leggenda fosse uno dei primi a entrare la mattina negli stabilimenti di via Tiburtina 1072, controllando sempre tutto di persona.

Paolo Romanazzi

Grande frequentatore dei salotti buoni e della dolce vita romana degli anni ruggenti, era amico personale del Senatore Giovanni Agnelli, oltre che suo partner industriale. Sfuggì a un tentativo di sequestro sul grande raccordo anulare di Roma: erano gli anni ’70 quando quasi tutti i grandi industriali, per timore di simili episodi, mandavano i propri figli a vivere e a studiare in Svizzera. Paolo Romanazzi muore nel 2017 a 83 anni dopo aver assistito al fallimento della propria azienda.

L’area delle officine a Roma è stata in parte riutilizzata con la costruzione di un edificio adibito a uffici, nella parte prospicente la via Tiburtina, mentre alle sue spalle sopravvivono le rovine dei capannoni industriali. Il tentativo di recupero dell’area, in cui si era ipotizzato di costruire la nuova sede di Poste Italiane, non andò a buon fine, sfociando in un lunghissimo contenzioso giudiziario tra la famiglia Romanazzi e le autorità italiane, arrivato sino al giudizio avverso ai Romanazzi, della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.  L’impegno economico per questa riconversione poi sfumata, portò alla bancarotta dell’azienda.


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