Zuccherificio di Foligno

Il 28 ottobre del 1899 venne costituita la Società Italo Belga per la fabbricazione degli zuccheri, che individuò nell’area di Foligno il luogo adatto per l’installazione dell’impianto.
La località fu scelta perché era in posizione centrale rispetto all’Umbria ed aveva una estesa rete ferroviaria.
I lavori per la costruzione dello stabilimento iniziarono nel novembre 1899 su un’area di 3 ettari situata sulla riva destra del fiume Topino. L’opera venne conclusa nel giugno del 1900.
La fabbrica disponeva inizialmente di due motori a vapore da 200 hp, un motore elettrico da 50 hp e cinque caldaie a vapore da 600 hp come forza motrice e riscaldamento. La materia prima utilizzata era la barbabietola proveniente dall’Umbria, dall’Agro Romano e dalle Marche.
Nel 1903 l’azienda trasformò la sua ragione sociale in Società Romana per la Fabbricazione dello Zucchero. Nei primi anni del 1900 gli operai impiegati erano una trentina, che diventavano 200 durante la campagna saccarifera tra settembre e ottobre.
Nel 1911 venne annessa alla fabbrica una raffineria con una  capacità di 1000 quintali giornalieri; gli operai fissi arrivarono così a 80 unità mentre gli stagionali andavano dalle 300 alle 500 unità.
Nel 1913 lo stabilimento lavorava giornalmente 5000 q di bietole e produceva 400/500 q di zucchero greggio, che venivano subito raffinati e confezionati.
Fino alla seconda guerra mondiale si succedettero diversi ampliamenti: i silos per le barbabietole, un grande reparto per la distilleria e la palazzina dell’amministrazione. Furono  inoltre migliorati gli impianti per la produzione dell’energia elettrica e termica necessari alla vita dello stabilimento.
Lo zuccherificio, nel corso della seconda guerra mondiale, subì danni notevoli riguardanti sia la parte del corpo originario che quella dei magazzini, dei forni e della palazzina degli uffici. Gli edifici vennero risanati e venne aggiunto un nuovo magazzino. Lo zuccherificio conobbe negli anni del dopoguerra processi di razionalizzazione e di ammodernamento.
Nel 1973 lo stabilimento fu rilevato dalla Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri; nel 1974  subentrò la Società generale degli zuccheri e infine la Società Cavarzere fino alla cessazione dell’attività produttiva che avvenne nel 1980.
Nel 1988 cominciò la demolizione di quasi tutto il complesso.

Visione satellitare del 2015

Visione satellitare del 2018

Attualmente è prevista nell’area, di proprietà della Coop Centro Italia, la costruzione di un centro commerciale, di attività di bar e ristorazione, di una ridotta zona residenziale e, si spera, la realizzazione del ‘Parco delle Arti e delle Scienze’ magari con un edificio che possa ospitare anche il nuovo teatro della città.

Foto storiche

 

Veduta interna degli impianti (1900)

Veduta interna degli impianti (1900)

Prospettiva sud-ovest

 

Prospettiva nord-est

Le fotografie ed i prospetti sono presi dal libro “Lo Zuccherificio di Foligno” recensito qui


Galleria Fotografica 

Società Aeronautica Italiana

Lo stabilimento, caratterizzato da capannoni di diverse epoche, si trova a Passignano, stretto tra la ferrovia e la riva del lago Trasimeno. La sua storia ha origini lontane, precisamente nel 1916, quando a Passignano fu istituita la prima scuola italiana per piloti di idrovolanti. La grande guerra aveva cambiato il modo di combattere, adesso lo si faceva anche dal cielo.

Dalla scuola di Passignano sul Trasimeno uscirono piloti del calibro di Raoul Lampugnani, che comandò durante il conflitto numerose squadriglie aeree sul fronte isontino, prestando servizio anche nella 6a Squadriglia Neuport agli ordini di Francesco Baracca, e Anselmo Cesaroni, ideatore dell’aeroporto di Castiglione del Lago, dove venne realizzato un idroscalo di maggiori dimensioni per sopperire alla carenza di spazi di Passignano.

Lo sviluppo tecnologico lo si ebbe dal 1922, quando l’Ingegner Ambrosini creò la SAI (Società Aeronautica Italiana). Enorme successo riscosse a cavallo tra gli anni venti e trenta, con l’avvento delle grandi imprese di Italo Balbo. Grazie a lui la capacità dei piloti e dei velivoli italiani divenne famosa in tutto il mondo. Ricordiamo le crociere aviatorie del Mediterraneo Occidentale (1928) e del Mediterraneo Orientale (1929). Quelle transatlantiche Italia-Brasile (dicembre 1930-gennaio 1931) e alla volta di Chicago e New York (luglio-agosto 1933).

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale Ambrosini mise in produzione velivoli diventati famosi come il SAI 107, un caccia monoposto, il  SAI 207 e il SAI 403 Dardo.

Vista la sua vicinanza con la ferrovia, la S.A.I divenne durante la seconda guerra mondiale oggetto di bombardamenti. Nel 1944, subì notevoli danni alla struttura, proprio a causa di un bombardamento, oltre alla morte di 40 persone. Di conseguenza lo stabilimento venne smantellato poichè soltanto il 15% dei macchinari risultava ancora utilizzabile, ed i rimborsi di guerra ricevuti con ritardo nel 1966 non furono sufficienti a risanare il disastroso bilancio. 

Nel dopoguerra fu realizzata la serie degli aerei sportivi Grifo e Rondone e, per l’Aeronautica Militare, la serie di velivoli per addestramento caccia Ambrosini Super 7. L’azienda si distinse anche nella realizzazione di alianti tra i quali il modello Canguro che, pilotato dall’Ing. Ferrari, stabilì a Roma il primato di altezza raggiungendo la quota di 8200 metri. Nel corso della sua vita, l’azienda produsse apparecchiature di puntamento, sistemi radar e divenne leader nella lavorazione dell’alluminio. In anni più recenti, su richiesta dell’AMI, la SAI Ambrosini si dedicò anche ad un velivolo RPV (remote piloted vehicle) nonché ad un mini RPV, anticipando di molto tempo gli UAV oggi ampiamente impiegati in complesse missioni militari e non.

Il know-how acquisito fu poi impiegato per nuovi sofisticati progetti anche a carattere non aeronautico e dall’esperienza legata alla costruzione degli idrovolanti nacque la vocazione per le costruzioni navali. Sempre in questo campo, la SAI ha partecipato alla realizzazione di Azzurra, il dodici metri della prima sfida italiana alla Coppa America, del Moro di Venezia, nella versione in lega leggera, di Yena, per anni in vetta alle classifiche della classe IOR e che superò indenne la tempesta del Fastnet del 1979, di Longobarda, primo scafo in fibra di carbonio, di Emeroud di G. Frers. A Passignano fu realizzato il Silveray, un off shore dalle prestazioni esaltanti che rappresentava il miglior concentrato di esperienza aeronautica nella lavorazione delle leghe speciali.

Specializzata in scafi metallici con caratteristiche avanzate, la divisione navale ha prodotto secondo rigidi standard militari imbarcazioni per missioni di diversa natura. La SAI  intraprese anche il settore aerospaziale: fu costruttrice del primo aereo supersonico e del primo aereo guidato a distanza.

La targa commemorativa che ancora oggi è al cancello di entrata dello stabilimentio

Prima di cessare la sua attività, l’azienda attraversò un lungo periodo di crisi che la costrinse ad attuare una differenziazione industriale per quanto riguardava le produzioni: vennero fabbricati attrezzi agricoli, fisarmoniche, telai per motociclette e altri oggetti frutto della lavorazione della lega leggera. Nel 2003 è stato creato dall’azienda Tecnologie d’Avanguardia un marchio di orologi di precisione che ha utilizzato il marchio Sai Ambrosini e le tecnologie da esso sviluppate. Ultimamente, le palazzine uffici, sono state sede di un centro anziani e di altri scopi sociali; anche questa attività è stata abbandonata, per la presenza di materiale pericoloso all’interno dei capannoni.

La situazione odierna vede lo scheletro di molti capannoni più moderni ai quali sono stati tolti i tetti in eternit, le strutture più vecchie sono crollate sotto il peso del tempo e tutto quello che è rimasto è fortemente vandalizzato. Il triste epilogo di una storia gloriosa.

Da segnalare il libro “Aeronautica sul Trasimeno” di Claudio Bellaveglia. In questo testo, si parla di Passignano e del suo rapporto con la Sai, la sua storia e i vari tentativi di riqualifica. Queste le parole dell’autore durante la presentazione del libro: “Ho deciso di scrivere questo libro, per evitare che cada in oblio la parte più importante della storia recente di Passignano: quella che ha incrociato la fase iniziale dell’aviazione italiana, attraverso la scuola Allievi piloti di Idrovolanti dell’esercito e attraverso la produzione aeronautica della Sai”. 


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Bibliografia

  • Aeronautica sul Trasimeno. Storia della “SAI Ambrosini” di Passignano di Claudio Bellaveglia (ISBN 9788886200295)

Il paese di Postignano

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Il paese restaurato

Postignano, frazione del Comune di Sellano in Valnerina (Umbria), e’ un borgo medioevale sorto tra il IX e il XIII secolo. Denominato anche “Castello di Postignano” è caratterizzato da un impianto triangolare nel cui vertice a monte è situata una torre esagonale, dalla quale si dipartivano le mura perimetrali.
Il Castello fu a lungo conteso tra Foligno e Spoleto e nel 1492 prese parte alla guerra tra guelfi e ghibellini.
Grazie ad una fiorente economia basata su agricoltura ed artigianato visse un periodo di splendore tra il XIV e il XV secolo, ma già a partire dal XVI secolo la popolazione cominciò a diminuire.

A causa del cedimento del terreno il borgo fu dichiarato inagibile nel 1963 e abbandonato.

Successivamente, con i terremoti del 1979 e del 1980  anche gli ultimi abitanti lo abbandonarono.

Un primo tentativo di recupero del paese iniziò nel 1996, grazie all’interessamento dell’architetto Gaetano Matacena, interrotto però dal terremoto del 1997 che devastò l’Umbria e fece crollare la torre del paese e svariate altre case. Grazie a questo crollo fu possibile rinvenire nella chiesa un affresco del ‘400. La storia di questo ritrovamento è narrata in un articolo apparso sul Messaggero on-line del 27 marzo 1998. L’articolo non è più raggiungibile ma si può leggere in questa copia salvata: Articolo_Messaggero

Affresco da restaurare

L’affresco rinvenuto

Affresco restaurato

L’affresco restaurato

Nel luglio 2007 fu ripresa l’attività di recupero degli edifici e di restauro degli affreschi, con il contributo della Regione Umbria e il sostegno dell’Amministrazione comunale di Sellano che si è conclusa nel 2014.

Affresco piccolo

Un altro affresco

 

Affresco restauro_2

Lo stesso restaurato

Nel paese è adesso presente anche un ristorante, un albergo di lusso e un centro benessere.
Da qualche anno nel paese si tiene una manifestazione culturale-folcloristica dal titolo “Un castello all’orizzonte”

Nel 1979 il fotografo e architetto americano Norman Carver Junior pubblicò il libro Italian Hilltowns sui borghi abbandonati in Italia dedicandogli la copertina del libro.

Copertina Italian Hilltowns


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Riferimenti in rete